
Buona e Cattiva Coscienza
Molte persone ritengono che la coscienza sia la migliore "guida" secondo la quale orientarci in ogni situazione di vita.
Questo dipende dal fatto che la nostra sopravvivenza ha a che fare con la nostra obbedienza o meno alle "regole" del nostro Sistema.
Ecco alcuni importanti concetti:
- Ogni famiglia ha la propria coscienza.
- Con la coscienza si percepisce direttamente quello che "si deve" o "non si deve" fare per poter appartenere alla famiglia. Se seguiamo le istruzioni impartite dal Sistema Familiare, abbiamo una buona coscienza, di conseguenza abbiamo la certezza dell'appartenenza.
- Se violiamo le istruzioni del Sistema Familiare, abbiamo una cattiva coscienza. Il sentimento preciso di quando abbiamo una cattiva coscienza è: "ho paura di mettere a rischio o di perdere il diritto di appartenenza alla mia famiglia".
Il principale errore della buona e cattiva coscienza sta nel fatto che crediamo che la nostra coscienza abbia una validità universale, e cioè non solo per noi, ma per tutte le persone.
La buona coscienza ha una funzione basilare che è quella di tutelare il nostro posto nella famiglia o nel gruppo a cui apparteniamo. Essa ci spinge ad agire, pensare e comportarci così come è accettato dalla nostra famiglia o gruppo di appartenenza. Con questo agire e con questo comportamento noi consolidiamo il riconoscimento del gruppo e percepiamo come è "giusto e bene" comportarci in un gruppo o con una persona istintivamente. Questo istinto ci fa sentire bene, o in buona coscienza, se ci comportiamo in un modo che è accettato dal gruppo o dalla persona, oppure ci fa sentire male o in cattiva coscienza non appena ci allontaniamo da un comportamento ritenuto buono o accettabile da questo gruppo o persona di riferimento.
La cattiva coscienza è la paura di perdere l'apprezzamento, l'amore e quindi il posto in quel gruppo o in relazione a quella persona. Se è vero che c'è una coscienza di riferimento a tutta la famiglia nel suo complesso, è vero allo stesso tempo che essa può anche cambiare con le singole persone che ne fanno parte. In tutti agisce la buona coscienza nei confronti della propria famiglia d'origine, verso la propria madre e il proprio padre e anche verso i propri nonni. I genitori entrano in accordo tra di loro se dicono di sì alla famiglia del proprio partner. Se dicono di sì e riconoscono le modalità, il pensiero, l'atteggiamento, la "coscienza" della famiglia del proprio partner. In questo modo i partner possono entrare in accordo reciproco, amarsi più pienamente e appianare la conflittualità data da due diverse coscienze. Anche i figli, in questo caso, si sentirebbero più quieti, più distesi, meno scossi nel cercare costantemente e con fatica un equilibrio tra le due coscienze dei genitori che si rispecchiano in loro stessi.
Dott.ssa Alessia Puttini